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L’etica dell’informazione

Ospedale nuovo e anno nuovo. Speriamo anche di vita nuova. Il giorno dell’inaugurazione della nuova sede del Degli Infermi sono state spese molte buone parole, equamente distribuite tra tecnici e politici che hanno presentato e illustrato la struttura. Ciò ha suscitato in me una riflessione: la sanità vive anche di parole. Per essere spiegata, per formare e informare.
La crescente diffusione di internet e social network, ha comportato una sempre più ampia disponibilità di notizie e informazioni sollevando delicate questioni etiche e di responsabilità sociale, in particolare sul tema della salute umana. In ambito medico-scientifico alcune notizie possiedono potenzialità cosi dirompenti, sia sul piano collettivo sia su quello individuale, che la produzione, l’uso, la circolazione e l’abuso devono essere in qualche modo inquadrati in un’etica dell’informazione.
Se da una parte la diffusione delle informazioni offre indiscutibili vantaggi per la società, dall’altra usi illegittimi o non debitamente regolati – anche in forma di notizie giornalistiche, articoli promozionali o divulgativi – possono comportare minacce per la persona, per la sua salute e, in particolare, per la sua autodeterminazione. Ad esempio, le informazioni e le notizie in ambito oncologico, con finalità sia divulgative sia comunicative (come i temi della prevenzione primaria e secondaria, screening, registro tumori, trial clinici, terapie, apparecchiature mediche, campagne di sensibilizzazione) dovrebbero basarsi sempre su evidenze scientifiche, su linee guida accreditate, sul più ampio consenso della comunità medico-scientifica, in un contesto paradigmatico accreditato e condiviso.
Le informazioni utilizzate a fini promozionali, sensazionalistici o finalizzate a creare la notizia a tutti costi (“good news no news”, recita il detto giornalistico) senza che siano state avvalorate da risultati obiettivi e da fonti serie, legittimate e riconosciute (studi e ricerche condotti con rigore metodologico e autorevolezza scientifica, per esempio), o le notizie e informazioni create, diffuse e fatte circolare senza controllo, per ingenuità o per incauta ignoranza, sono tutte informazioni che comportano conseguenze spesso negative, il cui esito è la creazione di una maggiore disinformazione a scapito delle persone, creando, di fatto, false illusioni o falsi miti, condizionando così il diritto di poter scegliere in modo libero e informato, ovvero in modo consapevole.
Proprio in considerazione delle implicazioni etiche e sociali di questo genere d’informazioni/notizie – la cui etica non sempre è fondata su principi e regole condivise -, l’impegno della Fondazione Edo ed Elvo Tempia su questo problema si è tradotto negli ultimi anni modificando in termini sostanziali l’ormai desueto termine-appendice “per la lotta contro i tumori”, in uno più moderno e appropriato: “per la lotta ‘culturale’ contro i tumori”.
Una battaglia culturale che si realizza attraverso un’informazione strutturata su quelle che definiamo le tre “C”, “Comunicazione Conoscenza e Consapevolezza”, in modo da contrastare, o almeno arginare, questo crescente problema che coinvolge più profili d’interesse, dal momento che le modalità con cui queste informazioni si presentano toccano inevitabilmente tematiche sociali, bioetiche, giuridiche, economiche, oltre che culturali.
Riteniamo che una corretta “Comunicazione” – corretta nel senso etico-professionale del termine – possa costituire una buona base per trasferire quella “Conoscenza” che sarà poi necessaria all’individuo per sviluppare e consolidare la propria “Consapevolezza”, e quindi di essere libero “di poter essere”, di poter scegliere secondo la propria volontà, in modo informato e consapevole.
Di solito, durante le conferenze stampa, prima di accomiatarmi dai giornalisti, rivolgo loro un caloroso invito, in quanto credo che essi stessi siano parte fondamentale e integrata del sistema sanitario al pari dei medici, degli operatori socio-sanitari, dei pazienti e dei loro famigliari e di tutti i soggetti privati e pubblici coinvolti. L’invito recita pressappoco così: «Quando scrivete un articolo, che sia una semplice notizia o una divulgazione medico-scientifica, riflettete su quali possono essere le conseguenze di ciò che state scrivendo, perché se è pur vero che la libertà di stampa è uno dei diritti fondamentali della nostra società, questo diritto deve essere necessariamente bilanciato con il diritto di essere informati correttamente».
Credo che la libertà e la dignità degli esseri umani debba essere preservata da condizionamenti che possono derivare da notizie, informazioni e comunicazioni che non hanno altro fine se non quello di creare confusione, mistificazione, strumentalizzazione, inganno e ambiguità. E non è un caso che, nell’era dell’informazione, l’ombra lunga che si staglia sempre più insidiosa alle nostre spalle, sia proprio quella della disinformazione. L’importante è esserne consapevoli, sempre. 

Pietro Presti – Direttore generale Fondazione Tempia

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